Come nasce un accertamento fiscale?

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di Graziano Pignatelli.

Come nasce l’accertamento fiscale?

Con la definizione di “accertamento fiscale” o tributario si fa riferimento a tutte quelle attività di verifica e controllo poste in essere dall’Amministrazione finanziaria, al fine di accertare la reale capacità contributiva di un soggetto e nel caso recuperare eventuali somme non assoggettate ad imposizione fiscale, contributiva o tributaria.

La definizione di  accertamento fiscale è molto ampia e racchiude in sé tutte le operazioni poste in essere dalla P.A., per recuperare somme dovute dai contribuenti e non versate. Tuttavia, le azioni attuate dalla pubblica amministrazione possono essere molteplici, differenziate e con diversi effetti e poste in essere anche da soggetti diversi (es. Agenzia delle Entrate, Comuni, Guardia di Finanza).

Ma come scatta l’accertamento fiscale o tributario?

Innanzitutto andrebbe chiarito che i controlli e le verifiche poste in essere dall’Amministrazione finanziaria  possono scaturire in base a:

  • caratteristiche proprie del contribuente (dimensione, fatturato, tipologia di attività);
  • atti posti in essere dal contribuente (operazioni straordinarie, movimentazioni di capitali);
  • segnalazione da parte di altre pubbliche amministrazioni o dall’autorità giudiziaria;
  • incrocio di informazioni e dati presenti nelle banche dati dall’amministrazione finanziaria (anagrafe tributaria).

Il primo passo per l’accertamento fiscale è l’individuazione dei soggetti da sottoporre a verifica.

Principalmente i contribuenti da verificare sono individuati in base a:

  • l’incrocio dei dati presenti nell’anagrafe tributaria e le dichiarazioni dei redditi fornite dai contribuenti;
  • i controlli eseguiti presso altri contribuenti, che fanno scaturire verifiche verso altri soggetti;
  • segnalazioni effettuate da altre pubbliche amministrazioni;
  • segnalazioni effettuate da parte degli Enti locali.

Inoltre, a tal proposito, la circolare dell’Agenzia delle Entrate 19/E dell’8/08/2019, in merito alle verifiche dei contribuenti, ha previsto altre fonti di dati:

  • la fatturazione elettronica;
  • i corrispettivi telematici (scontrino elettronico);
  • le informazioni reperite tramite la cooperazione internazionale.

L’art. 11 del D.L. n.201 del 2011 ha, invece, stabilito l’obbligo per gli operatori finanziari, di comunicare all’amministrazione finanziaria le informazioni sui saldi e sulle movimentazioni dei rapporti di conto corrente dei contribuenti.

Pertanto, oggi l’Amministrazione finanziaria possiede di base informazioni, non solo relative ai rapporti attivi detenuti dai contribuenti presso Banche, Assicurazioni ed Intermediari finanziari, bensì anche relative ai movimenti e ai saldi di questi e può accedervi senza necessità di dover chiedere un’autorizzazione preventiva per la loro verifica e controllo.

Quindi, posto che l’Amministrazione finanziaria ha accesso a tutte queste informazioni, possiamo affermare di essere tutti sempre e comunque sotto controllo?

In realtà non è così.

Le verifiche, salvo casi eccezionali, sono normalmente bilanciate sulle dimensioni del contribuente e così modulate:

  • grandi contribuenti con volume d’affari oltre i 100 mln di euro annui, sono verificati entro 12 mesi dalla presentazione della dichiarazione dei redditi;
  • medi contribuenti con volume d’affari compreso tra i 5,16 mln di euro e i 100 mln di euro annui, sono verificati sulla base di piani d’intervento coordinati annualmente tra AdE e GdF;
  • piccoli contribuenti con volume d’affari inferiore a 5,16 mln di euro, sono verificati a campione con un piano approvato all’inizio di ciascun anno solare dall’AdE;

Posto, quindi, che le prime due categorie di contribuenti, salvo eventi eccezionali, siano verificate in base a procedure prestabilite, per quanto riguarda la categoria dei piccoli (piccole e medie imprese), lo strumento oggi principe per innescare o scongiurare la verifica fiscale è costituito dagli “indici sintetici di affidabilità fiscale” (ISA).

Gli ISA sono stati istituiti con D.L 50/2017 e dal 2018 hanno sostituito gli Studi di Settore.

Questi indicatori sono elaborati sulla base di una serie di dati relativi all’impresa e annualmente assegnano a questa un punteggio da 1 a 10. Più basso sarà il punteggio, maggiore sarà la probabilità di ricevere una verifica fiscale. Di contro, maggiore sarà il punteggio, minore sarà la possibilità di ricevere un accertamento e inoltre, si potrà beneficiare di alcune condizioni di favore, come l’esenzione del visto di conformità per l’utilizzo di crediti in compensazione, l’accorciamento dei termini di scadenza per la verifica della dichiarazione dei redditi, l’esclusione in alcuni casi degli accertamenti sintetici e presuntivi.

Quindi, riassumendo, possiamo affermare che la verifica fiscale per un contribuente, nasca non solo in presenza di chiare ed evidenti attività illecite (evasione dell’iva, lavoro nero, attività illegali). Bensì, queste verifiche possono scaturire anche sulla base di semplici incroci di informazioni in possesso dell’Amministrazione finanziaria, per le quali potrebbe esser necessario fornire dei chiarimenti.

Aspetto di particolar rilievo nel caso dell’accertamento fiscale è che in molti casi, ai sensi dell’art. 32 del D.P.R. 600/1973, opera l’inversione dell’onere della prova.

Sulla base di questo atto normativo, è ad esempio a carico del contribuente verificato, dimostrare l’origine delle movimentazioni bancarie, altrimenti di norma si riterrà operante la presunzione legale, per cui i versamenti bancari sono da considerarsi sempre come operazioni imponibili.

Come difendersi quindi da un accertamento fiscale?

Al fine di difendersi da un possibile accertamento fiscale, le regole di base che un contribuente dovrebbe applicare sono:

  • tracciare il più possibile le proprie entrate e le proprie uscite, al fine di poter agevolmente provare la correttezza della propria capacità contributiva;
  • applicare correttamente la deduzione e la detrazione di eventuali costi dai propri ricavi o dalla tassazione, evitando ad esempio di utilizzare i conti dell’impresa per spese prettamente personali o di richiedere compensazioni non dovute (bonus fiscali);
  • acquistare beni, soprattutto quelli di lusso, preferibilmente da rivenditori certificati in grado di accettare pagamenti tracciabili e rilasciare idonee ricevute fiscali.

Le ragioni di tale accortezza vanno ricercate, non solo nel principio dell’inversione dell’onere della prova, bensì anche nelle modalità di verifica concesse all’amministrazione finanziaria, che può procedere anche attraverso metodi presuntivi ed extracontabili, e ai termini di decadenza per la verifica, che possono estendersi, ad esempio per i redditi maturati all’estero, fino a quattordici anni.

Ma in caso di accertamento, quindi, poste le condizioni di favore dell’Amministrazione finanziaria, bisogna considerare infruttuosa la difesa già in partenza?

La risposta è assolutamente no.

In molti casi, infatti, si è appurato che anche l’Amministrazione finanziaria commette degli errori nella verifica dei contribuenti e pertanto, in caso di accertamento, per mezzo dell’assistenza di un difensore abilitato è possibile in molti casi ottenere l’annullamento dello stesso, oppure è possibile aderire ad uno degli strumenti deflattivi del contezioso tributario, che consentono di ottenere rielaborazioni del quantum (importo da pagare) e delle eventuali sanzioni ed interessi.

Tuttavia, il consiglio che mi sento di dare in ambito fiscale è quello di prevenire, ovvero di affidarsi a consulenti fiscali esperti e soprattutto onesti, che possano tutelare il Cliente non solo attraverso benefici a breve termine (pagare meno tasse), bensì attraverso una protezione a lungo termine, che conferisca ai guadagni realizzati la certezza di non esser soggetti a futuro prelievo fiscale.

In questa sede non è possibile affrontare in maniera dettagliata tutte le ipotesi di accertamento fiscale e difesa. Pertanto, per una specifica trattazione, è possibile inviare un’email ad info@buildmark.it oppure contattare il numero verde gratuito 800.92.60.01.




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